SANTA MESSA NELLA XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Roma, Monastero di Santa Chiara in via Vitellia, 16 giugno 2024

 

OMELIA DEL CARD. ANGELO DE DONATIS, PENITENZIERE MAGGIORE

 

24.06.16

Cari fratelli e sorelle,

Paolo sollecita i cristiani di Corinto alla fiducia. Non si tratta di un ingenuo ottimismo ma della consapevolezza di camminare verso un futuro che illumina il presente, anche quando può risultare faticoso e insensato.

Se a volte possiamo percepire l’amarezza dell’esilio – quando attraversiamo momenti di profondo smarrimento nella nostra vita – rimaniamo certi che la meta del nostro pellegrinaggio è il Signore, nel quale troveremo finalmente riposso, come gli uccelli dimorano all’ombra di un albero o tra i suoi rami. Questo futuro atteso non ci fa evadere dal tempo in cui viviamo o dalle sue responsabilità; al contrario ci consente di rimanervi con l’impegno della speranza, tipico di chi sa di dover camminare ancora nella fede, non nella visione.

Il Signore, continua Paolo, darà a ciascuno la ricompensa delle opere compiute. A me piace pensare che il premio consista nella promessa di portare a compimento quello che le nostre mani hanno iniziato a fare senza riuscire però a condurre a pienezza ciò che abbiamo avviato.

Il Signore compie gli impegni veri della nostra vita, li fa maturare trasformando un piccolo seme in un grande albero. Invece ciò che abbiamo iniziato ma non è secondo il bene, svanirà come fumo, non ha consistenza.

Siamo invitati a condividere la fiducia stessa che ha animato la vita e l’azione di Gesù, che ha vissuto tra noi senza la pretesa di cogliere subito frutti, ma con la pazienza del seminatore che continua a gettare il seme anche quando sembra improduttivo o troppo debole. Con la certezza che il seme ha in sé la forza di germogliare e crescere fino a diventare la più grande tra le piante dell’orto.

Quando Gesù entra in scena si presenta come uno che continua a seminare e lo fa pur di fronte all’insuccesso inziale. Con questa immagine del seme Gesù ci parla del Regno dei Cieli.

Parlando del Regno di Dio, Gesù ricorre ad un’immagine completamente differente da come noi ci aspetteremo: quella del più piccolo di tutti i semi che non ha nessuna evidenza o apparenza, tanto da marcire nascosto nel terreno, non esige dispiegamento di forze o di impegni, tanto che il contadino può persino dormire, senza comprometterne l’efficacia.

Due atteggiamenti colorano così la vita del credente:

a) La capacità di perseverare nella speranza, anche quando nulla sembra accadere, perché tutto avviene nel nascondimento del terreno in cui il seme è sepolto. È il tempo in cui sperimentiamo persino il silenzio di Dio, la sua lontananza.

Il padre sembra non agire; è invece misteriosamente all’opera nel segreto della storia, e così, il pari del contadino della parabola, non sappiamo come. Ma il fatto di non conoscere il come non significa che Dio rimanga inattivo o assente, piuttosto, dipende dal fatto che il suo modo di agire è spesso così diverso dalle nostre attese o dalle nostre logiche.

b) Il secondo atteggimento ci rende attenti al quotidiano. È il più piccolo a diventare il più grande. In questo modo la parabola, più che al futuro, ci conduce a vigilare sul presente. Lo sguardo è chiamato a conversione: in ciò che può apparire piccolo ed insignificante, debole e trascurabile si nasconde il mistero di una presenza, quella di Dio e del suo regno. Anche nel solo bicchiere d’acqua fresca offerto a chi ha sete.

In questo modo le parabole ci parlano del Regno di Dio. Il Regno è presente nella nostra storia, ma come un seme nascosto nel terreno, nel segreto della terra. Quando sembra assente è invece misteriosamente presente, agisce e produce il suo frutto.

E poi il Regno di Dio è una realtà che si dona e che l’uomo deve accogliere prontamente.

Non è il nostro impegno a costruire il Regno ma il Regno ci viene offerto come dono gratuito dal Padre, come sua iniziativa, sua opera. Occorre la prontezza di una risposta, l’immediatezza di un’accoglienza. Il dono chiede la generosità di chi lo offre e la fiducia di chi è pronto ad accoglierlo.

Il Regno di Dio si fa presente secondo una logica di piccolezza, povertà, umiltà. Come il più piccolo del seme. Questo significa che va cercato e trovato nelle realtà odierne della vita, che possano sembraci insignificanti e trascurabili. Eppure in esse possiamo scoprire una forza prodigiosa, la potenza stessa di Dio, capace di trasformare la nostra storia e soprattutto il cuore con cui noi abitiamo la nostra vita e le nostre vicende.

Questa consapevolezza deve condurci allora a guardare con occhi nuovi sulla storia e al nostro cammino personale, perché Dio vi ha già seminato dei semi che a poco a poco diventeranno grandi alberi se abbiamo la pazienza di attendere ma anche di assecondare la loro crescita.

Compendiamo di conseguenza che il presente che stiamo vivendo è un nostro tempo decisivo anche se ora può apparire piccolo e insignificante, diventerà un grande albero.