SANTA MESSA IN OCCASIONE DELLE ORDINAZIONI SACERDOTALI DELLA DIOCESI DI ROMA

Basilica di San Pietro in Vaticano, 24 aprile 2024, IV Domenica di Pasqua

 

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO DE DONATIS, PENITENZIERE MAGGIORE

 

24.04.20

Cari fratelli e sorelle,

Siamo oggi grati al Signore per il dono di questi nostri fratelli al Santo Popolo di Dio. Il Signore, Pastore bello, continua a prendersi cura del suo popolo chiamando più vicini a sé alcuni perché divengano servitori di tutti. Lui che conosce i cuori di ciascuno, Lui che per primo ci ama e offre la sua vita per noi, prolunga questo ministero di cura attraverso il sacerdozio ministeriale. Non dimentichiamo di ringraziarlo per questo dono grande del sacerdozio!

Sacerdos alter Christus! Come affermava Giovanni Paolo II in Pastores dabo vobis: “I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore”.

Voi, carissimi ordinandi, siete stati scelti dal Padre per continuare a mostrare la sua tenerezza per tutto il Popolo Santo di Dio, siete i canali della sua Misericordia, chiamati a servire la pienezza di vita cristiana di tutti i battezzati.

Vi invito anzitutto a ricordarvi di questo: il popolo non cerca in voi altro che Cristo, quel Cristo che vi ha amati così tanto da volervi unire a Lui sacramentalmente. Questo è il mistero della vostra ordinazione di oggi: oggi si opera in voi una trasformazione, la vostra miseria, quella che non vi distingue dagli altri, è assunta dalla Sua potenza. Rimanete ciò che siete, eppure opera in voi qualcosa di più grande di voi. Da oggi sarà il Cristo stesso che in voi agisce attraverso il Suo sacerdozio. È un dono stupendo e terribile! Ce lo ricorda Agostino: “mi atterrisce l’essere per voi”. Coltivate sempre quel santo timore che viene dal carico che oggi vi viene affidato, rimanete nel Signore per portare questo santo giogo con Lui e per Lui, perché vi sia sempre dolce.

La liturgia di oggi sembra suggerire a noi presbiteri tre cose: rimanere nel nome di Gesù, dare la vita per le pecore, essere sempre più strettamente uniti a Cristo sacerdote.

Anzitutto rimanere nel nome di Gesù, “in nessun altro c’è salvezza”, come ci ricordano gli Atti degli apostoli.

Dice san Bernardo: “è il nome dello Sposo che predicato illumina, meditato nutre, invocato lenisce e unge. Arido è all’anima ogni cibo, se non è cosparso di quest’olio, insipido, se non è condito con questo sale”. E questo è tanto più vero nella vita di un prete! Siate ancorati a questo Nome, nella fede. Tutto vi rimarrà presto arido se non rimarrete in Lui. Rimaniamo uniti alla Sua Persona per essere nutriti, perché sia sempre alimentata la fiamma di vita dentro di noi, per avere conforto nei nostri pensieri e nei nostri affetti e giubilo nel cuore. Il Nome di Gesù sia quello che predicate, perché, come ci ricorda Bernardino da Siena, “da dove credi che provenga tanta improvvisa e fervida luce di fede in tutta la terra, se non dalla predicazione del Nome di Gesù?”. Se non predicherai Gesù non avrai nulla da dire a questo mondo. Chi è il sacerdote se non un’immagine viva di Gesù per tutto il suo popolo, uno che porta Gesù sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le membra?

C’è poi l’invito del Vangelo: il Pastore bello è quello che depone la propria vita per le pecore. Allora il sacerdote bello è quello che depone la propria vita per la sua gente: tithemi è il verbo greco più volte ripetuto in questo passo da Giovanni, proprio per sottolineare che il pastore si espone, si mette a rischio, si lascia da parte perché anche solo una pecora conta più del suo tornaconto personale. Non è un mercenario. Pare che san Carlo Borromeo ripetesse spesso: "Per salvare un’anima, anche una sola, andrei sino all'inferno". Questo è il cuore del sacerdote pastore: il desiderio di andare sino all'inferno, ossia sino al limite più basso per salvare una persona. Come Gesù è andato più in basso di tutti per salvarci, ci sono tanti modi in cui anche voi sarete chiamati ad “andare in basso” per amore. Ma ricordatevi sempre che non andrete mai più in basso di come è andato Gesù per voi.

E infine l’incorporazione al sacerdozio di Cristo. A questo proposito vorrei ricordarvi e sottolineare uno degli impegni che fra poco assumerete. Vi verrà domandato: “Vuoi essere sempre più strettamente unito a Cristo sommo sacerdote, che come vittima pura si è offerto al Padre per noi, consacrando te stesso a Dio insieme con lui per la salvezza di tutti gli uomini?”. E risponderete, “Sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio”. Solo a questa interrogazione del celebrante risponderete così: sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio, perché sarebbe impossibile senza la grazia poter acconsentire a questa misteriosa unione col sacerdozio di Cristo. Il mistero del nostro sacerdozio è l’assimilazione al sacerdozio stesso di Cristo che si offre come vittima al Padre per la salvezza di tutti. L’essenza del nostro sacerdozio non è in ciò che facciamo, ma in ciò che siamo. Noi siamo chiamati non solo a celebrare la Messa, prolungando il mistero della presenza reale di Cristo in mezzo al suo popolo, ma siamo chiamati a diventare la Messa che celebriamo. Un sacerdote non si appartiene perché è tutto requisito dal Mistero, tutto consacrato al Padre per essere anche lui corpo spezzato e sangue versato. Il Signore ci doni di non tradire la grandezza del dono e del compito che ci vengono conferiti nell’ordinazione.

Vi lascio con quest’augurio che riecheggia le parole di Gregorio Magno nella sua Regola pastorale: che tutti possano ricorrere al vostro cuore come al seno di una madre, trovino sollievo nelle vostre esortazioni e siano lavati dalle loro colpe nelle lacrime della vostra preghiera. Non siete soli! Tutto il presbiterio di Roma vi accompagna, con le sue miserie, ma anche con i suoi tanti carismi e, soprattutto Maria, Madre della Fiducia, vi custodisce nel suo grembo.

E voi tutti, che siete il Popolo Santo di Dio, pregate per loro! Come dice Osea, “il popolo e il sacerdote avranno la stessa sorte” (Os 9,4). La loro santità è affidata alla vostra!

Nel salutare e ringraziare tutti e ciascuno per il servizio pastorale cui sono stato chiamato in questi anni, mi affido alla vostra preghiera, perché dovunque io sia, possa rimanere nel sacerdozio di Cristo.