SANTA MESSA IN OCCASIONE DELLA 46° CONVOCAZIONE NAZIONALE DEI CENACOLI, GRUPPI E COMUNITÀ DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO

Rimini, 28 aprile 2024, V Domenica di Pasqua

 

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO DE DONATIS, PENITENZIERE MAGGIORE

 

24.04.28

Fratelli e sorelle carissimi,

ringrazio il Signore di poter oggi, con voi, celebrare questa Eucaristia. È stato un dono grande per me anche la mattinata che ho trascorso con voi, un momento di grazia fortissima. Ringrazio Dio per questo.

Viviamo ancora il Tempo di Pasqua, tempo di mistagogia, tempo di scoperta dei doni del Risorto, che si concluderà con l'effusione del grande dono dello Spirito. È lui che ci consente di gridare «Abbà, Padre», di scoprire la vita divina posta nel nostro cuore. La Spirito testimonia a noi stessi che siamo figli ed eredi della promessa, in mezzo ad un mondo spesso orfano e triste.

Nel percorso delle domeniche di Pasqua ci viene affidato oggi un Vangelo molto conosciuto, tratto dal grande discorso di Gesù durante la Cena: la vite e i tralci. Allora vorrei semplicemente trarre da questo tesoro qualche indicazione per entrare con fede viva nel mistero della Chiesa, della comunità del risorti.

Il primo versetto che mi colpisce è questo: «In questo è glorificato il Padre, che portiate frutto». Questa è la glorificazione del Padre: che portiate frutto. Cosa vuol dire portare frutto? Quando la Chiesa porta frutto? Fratelli e sorelle carissimi, per il mondo portare frutto è aumentare il benessere e la ricchezza, autodeterminarsi e, come si dice, essere se stessi, sempre e ad ogni costo. II furbo porta frutto quando, facendo lo sgambetto, arriva all'oggetto delle sue brame. Invece la Chiesa porta frutto, non quando promuove le sue strutture, bensì quando fa conoscere il Signore Gesù, richiamando alla conversione e alla santità. La Chiesa è sacramento dell'incontro con Dio. Per questo - e solo per questo - esiste, e non per rincorrere l'attualità o le mode passeggere. Non è importante essere tanti o pochi, ma è fondamentale crescere in questa consapevolezza: io, la mia famiglia, il mio cenacolo, la comunità, la parrocchia, siamo il sacramento di questo incontro con la grazia. Aiutare le persone a scoprire e vivere nell'amore del Padre è l’unico frutto che rimane.

Io credo che molti di noi siano arrivati già a questa sintesi nella propria vita ma bisogna ridirselo continuamente. Questo è quello che rimane. Se le nostre imprese apostoliche e i nostri programmi non portano a questo, non serviamo a nulla, e passeremo come vapore, insieme alla scena di questo mondo. II sale, deve rimanere sale! Altrimenti viene buttato via. Ecco, in questo è glorificato il Padre: che portiate frutto. Ma occorre tenere presente sempre qual è questo frutto che il Padre si aspetta.

Chi rimane in me porta molto frutto. In una società fluida e mutevole all'estremo - che crea paure e false sicurezze — la Chiesa rimane stabile in Cristo. In Lui che non passa e rimane fedele, la comunità ritrova la certezza della speranza. Se il Signore ci garantisce che rimane con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo, questo non vuol dire che la Chiesa non subisca la tentazione di discostarsi dal cuore del suo Maestro. Carissimi, oggi ‘rimanere' è la grande sfida: ci vuole più coraggio nel restare che nel partire. La tentazione di sottrarsi per veleggiare verso lidi più comodi, meno compromettenti e più alla moda, è forte, sia nei semplici fedeli, sia nei pastori. Il coraggio di restare fondati in Cristo è la vera profezia dello Spirito che oggi ci viene chiesta. Questo lo sento tantissimo, da un po’ di anni che ci penso e sapete come si può tradurre quel “rimanete in me”? Lo scoperto anni fa: “Resistete in me!”. Resistere! Resistete in me! È un verbo meraviglioso, colpisce. Oggi sentire questo rimanete in me, perché ci fa ricordare quel “resta con noi” perché arriva la sera, ci fa ricordare quella frase che due amanti si dicono: “Non te ne andare! Rimani ancora con me”. Come se anche il Signore provasse nostalgia, nostalgia di ciascuno di noi, come se anche lui sentisse il dolore della separazione, come se sentisse la fatica dello stare lontani. Rimanete in me e io in voi perché tra me e voi scorre la stessa linfa. Siamo innestati l’uno nell’altro.

Ripeto fratelli e sorelle, il coraggio di restare fondati in Cristo è la vera profezia dello Spirito che oggi ci viene chiesta.

Se non vogliamo una vita sterile dobbiamo riscoprire le radici della fede, rievangelizzarci, senza dare nulla per scontato. ‘Rimanere' significa crescere in profondità: passare dai riti ai misteri, dalle parole alla sostanza, dai progetti alla testimonianza. Tentati dagli slogan o dall’esperienzialismo è bello riscoprire i fondamenti oggettivi della fede rivelata, celebrata, testimoniata. Tre capisaldi ci radicano nel terreno della grazia: la Parola, la Liturgia, il catechismo della Chiesa Cattolica, sempre da rileggere e studiare.

Poi l’ultimo punto, oltre a questo “rimanete in me”. Il tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto. Qui c'é la verifica della nostra vita pasquale. La Chiesa, ogni comunità, se veramente rimane e porta frutto, è potata dal Padre. Se il chicco di grano non muore, rimane solo, se muore produce molto frutto. La potatura del Vignaiolo conferma la verità della nostra sequela. Dobbiamo preoccuparci seriamente quando non veniamo 'sfrondati` da Dio: significa con non percorriamo le vie di Gesù. Con le cesoie della Croce la Provvidenza ci prepara a portare frutto. Lasciamola fare con abbandono profondo. E allora: sappiamo riconoscere le potature di Dio nel nostro gruppo, nella parrocchia, nella comunità? Abbiamo imparato a leggere con la logica della Pasqua le apparenti perdite, le sconfitte, i fallimenti? Riesco a leggerli con la cifra della Pasqua?

Nella situazione attuale della Chiesa mi sembra che il Signore stia potando alcuni rami secchi. Ne sottolineo tre: il Signore sta agendo soprattutto nella potatura del ramo dei grandi numeri; il ramo della pesantezza delle strutture; il ramo del protagonismo individuale. Siamo chiamati - che lo vogliamo o no - a diventare piccoli, agili e sinodali. Non è evangelico tutto ciò? Non era ciò che già nel 1969 insegnava l'allora prof. Ratzinger, Papa Benedetto XVI, quando parlava delle piccole comunità cristiane qualificate e aperte alla testimonianza? Ecco, è un invito a riscoprire ancora questa esortazione che anche papa Francesco ci rivolge, a ritornare all’autenticità del Vangelo.

Carissimi, non viviamo in un tempo triste, bensì in un momento favorevole: le messi già biondeggiano! Nessun dono di grazia ci manca, come scriveva San Paolo ai Corinzi. È Dio che guida la storia e non gli uomini. Non si tratta di rifugiarsi in un mondano ottimismo, bensì di coltivare i luoghi della speranza. Cristo risorto non muore più. E noi con lui.

Maria continui a fare quello che ha fatto nel cenacolo con gli apostoli, sostenga il nostro cammino e buon cammino a tutti! Amen.